E tutto questo i bambini lo sanno bene, lo sanno paradossalmente senza sapere di saperlo, in un certo senso, ed è questo il loro segreto: la pratica del Judo avviene con la naturalezza del gioco, con l’entusiasmo e con il timore che accompagnano ogni sfida, accettando di farsi strumento di apprendimento per gli altri e aspettandosi dagli altri la stessa disponibilità.
In un mondo che sempre più difficilmente è “a misura di bambino”, con gli spazi ed i tempi che sembrano risucchiarsi – e risucchiarci – il
Dojo* diventa una dimensione di assoluto benessere, dove con la libertà dei piedi nudi e la capacità delle mani che lavorano, ogni bambino può imparare insieme ai suoi pari, stupendosi di tutto ciò che è nuovo e che riesce a padroneggiare. La fiducia nell’Insegnante, figura guida autorevole che crea il giusto terreno di apprendimento e che costruisce percorsi di autonomia sempre più stimolanti, è il trampolino di lancio per tutte le avventure che ogni piccolo judoka si appresta a vivere in materassina.
Doveroso è essere consapevoli che il
Judo diventa allora per il bambino non la semplice “attività sportiva” ma un momento di educazione e formazione personale, relazionale e sociale senza eguali, proprio perché paradossalmente mette tutti nelle stesse condizioni di esprimersi ed imparare: l’attività sul tatami, col Maestro ed i compagni, permette ad ogni bambino di usare al massimo le proprie capacità e conoscenze pregresse, di ristrutturarle e di integrarle con le nuove o di correggerle, utilizzando il proprio corpo come strumento principe di interazione, azzerando così qualunque tipo di differenza che fuori dal tatami può rivelarsi scoraggiante, emarginante o peggio ancora discriminante.
Il Judo è probabilmente per il bambino anche il primo vero momento di responsabilizzazione personale: il corpo non può mentire, io so quando il mio compagno mi ha squilibrato, io so quando sono riuscito davvero a proiettare il mio avversario: proprio in virtù del fatto che non c’è uke senza tori, non c’è tori senza uke. Questo momento di assoluta onestà e consapevolezza emancipa in qualche modo il bambino dalle giustificazioni che può trovare esternamente, e lo mette alla prova: accettare o non accettare questa sfida, anche sapendo che potrei perdere?
É in questo momento che diventa fondamentale l’alleanza
famiglia – Scuola di judo: se sia i genitori sia gli insegnanti faranno fronte comune nel non dargli facili espedienti per sottrarsi a quella decisione, allora il bambino avrà sempre comunque vinto, anche dinanzi ad un combattimento di judo perso.
La
Scuola Kyu Shin Do Kai ha posto le basi di una
lifelong education attraverso la pratica del judo, un percorso cioè che potenzialmente può durare per sempre, che può accompagnare i bambini durante tutto l’arco della loro vita. E possiamo dire che è una scommessa che è stata assolutamente vinta perché la storia della Scuola è stata fatta – ed è tutt’ora costruita – anche da persone che sono arrivate bambine (come chi scrive queste parole, del resto. Ndr), che con le loro manine ed i loro piedini hanno scoperto un nuovo modo di imparare, persone che oggi ne fanno un modo di vivere: adulti che in varie vesti oggi portano avanti l’attività della Scuola che li ha visti e fatti crescere.
Se la
Scuola che insegna la via per lo Spirito di Ricerca ha una missione è proprio quella di consentire ad ogni bambino che varca la sua soglia di costruire attraverso la pratica del judo un proprio spirito di ricerca, fatto di impegno, determinazione, fatica, divertimento, scoperta, consapevolezza e condivisione, spirito che può , anzi, DEVE, oltrepassare i bordi del tatami e le mura del Dojo per riversarsi in ogni ambito della vita, per diventare davvero quello strumento di formazione dell’essere umano come voluto ed auspicato dal fondatore M° Jigoro Kano.
Giulia Vario
Allieva ed insegnante della Scuola Kyu Shin Do Kai Parma
Educatrice socio-pedagogica, Tecnico Federale ed Arbitro Continentale di Judo, Cintura Nera 4° Dan
*Il Dojo prende il significato ampio di casa: luogo di pratica non solo della disciplina, ma delle regole sociali di vita; è un luogo dove si applicano la cultura e l’educazione in una trasversale dimensione di cura, per sé, per gli altri e per il luogo in cui ci si trova; la stessa cura che si riserva appunto alla propria casa e alle persone che vi abitano con noi.